dal 1936
tra storia e leggenda
Il conte Tommaso Marino a metà del XVI secolo si innamorò di una principessa, Ara Cornaro, e dopo aver costruito per lei l’edificio più bello di Milano, le regalò una residenza di campagna a Gaggiano, lungo il Naviglio Grande…
Correva l’anno 1550 quando il conte Marino, camminando per le vie del centro di Milano, incontrò nei pressi della chiesa di San Fedele una ragazza così bella ed elegante che subito se ne innamorò.
Decise quindi di scoprire chi fosse.
Lei si chiamava Ara, figlia del nobile veneto Cornaro, discendente in linea diretta della regina di Cipro, a quel tempo a Milano in visita con il padre al console della Serenissima.
Il conte Marino andò dal Cornaro per chiedere la mano della splendida figlia, ma il nobile veneziano rifiutò, rispondendo che Milano non aveva palazzi tanto belli da poter ospitare una principessa al pari di sua figlia Ara, e che nessun milanese avrebbe mai avuto la sua mano.
Il conte Marino era disposto a tutto pur di avere quella splendida fanciulla, e così la fece rapire dai suoi bravi estorcendo al Cornaro il consenso al matrimonio; il veneziano però, si fece promettere dal conte Marino che la figlia avrebbe avuto una grandiosa dimora.
Il Marino allora, per tenere fede alla promessa, contattò Galeazzo Alessi, il più grande architetto di Milano dell’epoca e diede inizio alla costruzione del più bel palazzo di Milano: Palazzo Marino.
E lo fece costruire proprio in fianco alla chiesa di San Fedele, dove per la prima volta incontrò Ara.
Quindi regalò alla giovane moglie una villa lungo il Naviglio Grande, a Gaggiano, in modo che lei potesse ricordare Venezia, con le sue splendide ville e ricchi canali.
Il matrimonio tra il Marino e Ara, però, presto naufragò: il tradimento e la gelosia presero il posto dell’amore e della felicità, tanto che, proprio nella villa di Gaggiano, il conte uccise Ara gettandola in un trabocchetto infernale fitto di lame, e ne seppellì le spoglie in un angolo nascosto del giardino.
La leggenda vuole che, ancora oggi, nelle notti di luna piena si possa scorgere il fantasma della giovane contessa Ara vagare per i saloni di villa Marino, a Gaggiano, lungo il Naviglio Grande…
All’epoca dei fatti raccontati venne composta una canzone che a Milano ancora qualcuno ricorda e che i bambini usano come conta:
«Ara, bell’Ara
discesa Cornara,
de l’or fin, del cont Marin
strapazza burdocch,
dent e foeura trii pitocch,
trii pessitt e ona massoeura,
quest l’è dent e quest
l’è foeura»
(Ara, bell’Ara della famiglia Cornaro, dai capelli di oro fino, appartieni al conte Marino strapazza preti, dentro e fuori di casa ci sono tre bravi, con la mazza e i tre pesciolini, questo è dentro e questo è fuori).
La villa ha una pianta a U con la fronte disposta in direzione del Naviglio Grande. La facciata del corpo principale è caratterizzata da un ampio porticato con cinque arcate a tutto sesto. Dalla campata centrale si accede poi all’andito, che collegava la cosiddetta “corte civile” alla “corte rustica”, prospiciente il Naviglio.
A est del corpo principale si estendeva poi il giardino, sul quale erano affacciate le sale del pian terreno.
Di grande rilievo sono le decorazioni e gli affreschi tardo-barocchi dello scalone e del piano superiore raffiguranti, tra gli altri temi, le Parche; mentre i soffitti a cassettoni rappresentano un esempio di rara bellezza nel loro genere.
Il primo proprietario della villa di Gaggiano di cui si ha notizia fu il patrizio milanese Luigi Arcimboldi, che vendette la proprietà alla famiglia dei marchesi Stampa i quali ne furono proprietari dalla fine del ‘400 a tutto il ‘500.
Nel corso del ‘600 passò alla famiglia dei conti Cantoni e, nel ‘700, alla nobile famiglia degli Aloardi (la villa è conosciuta anche come “Stampa-Aloardi”).
Nei primi anni dell’800 la villa passò alla Congregazione di Carità di Milano (poi Ente Comunale di Assistenza) e, alla fine del ‘900, venne acquistata dalla famiglia Gorini.